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Abbasso i bulli, viva gli amici. Intervista alla Dott.ssa Sara Strufaldi

In Italia, secondo la ricerca del 2015 del Telefono Azzurro, il 15,9% dei ragazzi è vittima di bullismo, il 23% di questi non ne ha parlato con nessuno. La fascia più a rischio è la preadolescenza. La percentuale di vittime è paritaria nei maschi e nelle femmine. I maggiori casi di bullismo si registrano nelle aree del Nord (41% dei casi gestiti), seguono il Sud e le Isole (30,6%), minore l’incidenza al Centro (28,4%).

di Sofia Porcino – Il bullismo si compie negli ambienti quotidianamente frequentati dai ragazzi: scuola, centri sportivi, aree di quartiere e nello spazio virtuale dei social-network (cyberbullismo).
Ma cosa è il bullismo? “…è un’oppressione fisica e/o psicologica (vittimizzazione), ripetuta e continuata nel tempo, perpetuata da una persona (bullo – o da un gruppo di persone più potenti e/o popolari nei confronti di un’altra persona percepita come più debole (vittima).” (Telefono azzurro, Dossier sul bullismo, 1 luglio-31 dicembre 2015.)

Il termine si riferisce dunque ad un comportamento intenzionale e ripetuto nel tempo. Di fondamentale importanza che tali caratteristiche si verifichino al fine di non confondere litigi o altri screzi categorizzandoli come atti bullismo anche se essi non sono.

STUDIO 20ENNALE CERTIFICA DANNI BULLISMO, DEPRESSIONE E ANSIA

Affrontiamo il tema con la Dott.ssa Sara Strufaldi

1- Quali sono le cause del bullismo?
Comportamenti di prevaricazione sono il sintomo di un disagio personale che non trova gli strumenti per manifestarsi e superarsi. Stili genitoriali carenti e/o inadeguati e soprattutto l’uso del potere che si esercita in famiglia, insieme a cause di tipo sociale come alcolismo o abuso di altre sostanze, aumentano le probabilità del bambino di essere bullo o vittima. Dinamiche familiari che si incrociano con quelle sociali del gruppo.

Si evidenzia come i fattori di rischio antecedenti siano gli stessi per quelli che saranno vittime o bulli. Di fatto è il disagio che sta alla base della relazione tra bullo e vittima. Il temperamento del bambino gioca un ruolo decisivo nel ruolo che egli occupa in questa relazione.

Dunque anche le vittime registrano gli stessi problemi del bullo: hanno le stesse necessità di essere educati all’empatia e al riconoscimento delle emozioni proprie ed altrui, di essere educati all’assertività, cioè alla dichiarazione delle proprie intenzioni non attraverso la violenza ma attraverso il dialogo, il contatto oculare, il linguaggio del corpo; hanno la necessità che le proprie capacità siano incoraggiate dai genitori e dagli educatori al fine di aumentare la loro autostima.

2- Quale è il compito delle famiglie?
La famiglia è il primo luogo dove si deve incoraggiare la cooperazione e la coesione con gli altri,  dove si dovrebbe insegnare a gestire i conflitti e le frustrazioni escludendo da questo processo la violenza e la prevaricazione.

3- Quale dovrebbe essere il ruolo della famiglia del bullo una volta denunciato il ruolo attivo del figlio nel bullismo?
Non solo le vittime subiscono conseguenze, anche i bulli ne vivono: calo nel rendimento scolastico, difficoltà relazionale, condotta non esemplare, difficoltà nel seguire le regole – nel tempo può arrivare a comportamenti antisociali, atti aggressivi o violenti in famiglia o sul lavoro. Nel 25% dei casi i ragazzi che hanno assunto il ruolo di bulli avranno precedenti penali prima dei 30 anni.

Il ruolo dei genitori del bullo è simile a quello delle vittime: l’educazione attraverso l’osservazione e l’ascolto del figlio sono centrali sia antecedentemente al perpetuarsi del bullismo sia dopo la denuncia del comportamento prevaricatore messo in atto nei confronti dell’amico/conoscente. Il bullo non va assecondato, né giustificato.

.bullismo-verbale-14- Come aiutare le vittime del bullismo a superare le negative conseguenze di aver subito determinati atti?                                            Le conseguenze per le vittime possono essere gravi. Dal disagio iniziale che si manifesta attraverso malessere fisico e psicologico, riluttanza nell’andare a scuola, le conseguenze aumentano di intensità con il reiterarsi degli atti di bullismo fino ad arrivare alla svalutazione di sé e delle proprie capacità, insicurezza, disturbi psicologici come ansi e depressione. Le vittime del bullismo sono esposte al suicidio con una probabilità raddoppiata di metterlo in atto rispetto ai coetanei. Esse mettono in atto comportamenti autolesionisti e sono esposte all’abuso di sostanze stupefacenti come droga, alcol e sigarette.

Per aiutare le vittime a superare la vittimizzazione e a riacquistare la stima di sé sia in famiglia che a scuola bisogna far passare loro il messaggio che devono parlare subito, senza vergognarsi di ciò che sta accadendo perché se ciò avviene la colpa non è loro. Un bullo è più difficilmente attacca chi ha parlato con gli atri compagni o con gli adulti. Evitare che la persona presa di mira si isoli dal gruppo dei pari.

Quello su cui fa leva il bullo è proprio la paura della vittima, se quest’ultima riesce a rispondere agli attacchi, ad esempio con autoironia alle provocazioni, aumentano le possibilità che il bullo cessi di esercitare violenza.

5- Come arrestare in tempo il perpetuarsi di atti di bullismo prima che si giunga al tragico epilogo del suicidio?
Di fondamentale importanza è il ruolo degli adulti, sia a scuola che in famiglia. Un insegnante o un genitore attento alle dinamiche dei rapporti tra ragazzi e alle reazioni insolite degli stessi possono salvare una situazione pronta a degenerare ed intensificarsi nel tempo. Interrompere tempestivamente la prevaricazione attraverso la certezza di una punizione efficace per il bullo.

Fondamentale è anche il dialogo tra la scuola e la famiglia, affinché le vittime trovino la sicurezza e il coraggio di esporre il problema e uscire dal silenzio, compresi, sostenuti dall’adulto attento e autorevole.
Molto importante è dare informazioni e parlare al gruppo nella sua totalità in quanto il bullo non è motivato al cambiamento, per lui la violenza è un mezzo per arrivare a un fine e non è percepita come un problema.
Attraverso l’educazione al rispetto, al dialogo e alla consapevolezza delle emozioni proprie ed altrui, coinvolgendo classi, genitori e insegnanti si può promuovere una prevenzione più duratura ed efficace.

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